Quando pensiamo alle malattie ognuno di noi ha una propria percezione di rischio, nel senso che troviamo alcuni che hanno timore di una patologia particolare, altri temono semplicemente di ammalarsi di qualche malattia, altri non ci pensano.
Alcuni possono temere il cancro, forse perché hanno avuto qualche familiare che ne ha sofferto, forse perché pensano alla sofferenza cui si può essere esposti; altri temono di poter avere un infarto e prestano la massima attenzione ai parametri metabolici e cardiovascolari.
Tutti noi temiamo soprattutto le malattie che possono colpire i nostri figli.
A questo punto possono emergere differenze molto significative tra il rischio percepito, che è basato sulle proprie convinzioni, paure, informazioni e il rischio reale, quello delle probabilità statistiche.
Consultando il resoconto Injuries in the European Union, a pagina 8 potrete osservare che il rischio statistico di mortalità nella fascia di età di bambini e adolescenti è prevalentemente rappresentato da cause accidentali (di qualunque origine) ed eventi traumatici, mentre la mortalità conseguente a malattie infettive è decisamente inferiore.
Contrariamente alle evidenze statistiche, spesso capita che siamo molto preoccupati per le conseguenze tragiche delle malattie infettive e molto poco per quelle ben più numerose conseguenti ad incidenti stradali, domestici e altri traumi a cui possono essere esposti i nostri figli.
Di fronte a dati statistici che in modo evidente ci mostrano l’alto rischio reale di incidenti e il basso rischio di conseguenze fatali conseguenti alle malattie infettive (grazie ovviamente anche alle efficaci terapie a disposizione), potremmo chiederci se Prevenzione significhi anche
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rendere più sicuri sia l’ambiente in cui vivono sia gli oggetti e i servizi di cui usufruiscono i nostri figli, così da poter osservare nel corso degli anni una progressiva riduzione della mortalità per cause accidentali, che attualmente affligge pesantemente l’infanzia e l’adolescenza.